GITA AL PARCO DEL TICINO

Lunedì 8/4/02 alle ore 8 siamo partiti da Velasca con il pullman, noi delle classi 3^ e 4^ di Velasca e le 3^ di Oreno, con destinazione: "Parco del Ticino"

Per la strada, in tangenziale c'era parecchio traffico e noi ci annoiavamo un po'. Qualcuno ha cominciato a cantare, c'era chi giocava a "telefono senza fili"; qualcuno salutava i camionisti...

Abbiamo osservato le risaie allagate, un canale che scorreva a fianco della strada e le rogge che contenevano molta acqua. 

Arrivati a Bereguardo, ci siamo incontrati in località Zelata, con Matteo, una guida della cooperativa Mowgli.

Siamo scesi dal pullman e ci siamo incamminati verso una stradina di campagna. Ogni tanto Matteo si fermava e ci spiegava qualcosa.

Abbiamo attraversato un pioppeto e abbiamo notato che intorno a noi ce n'erano tanti.

Il pioppo viene piantato perché cresce in poco tempo; serve per il legname, ma principalmente per produrre la carta.

Proseguendo nel sentiero, siamo scesi in un pioppeto che si trovava su un livello più basso di quello del fiume Ticino, passando accanto a piante di robinia, (che è una pianta infestante che proviene dalla Francia), di ailanto e di salici (i cui rami venivano usati per intrecciare cesti.)

Il sentiero che abbiamo preso si chiama E1: è un sentiero che parte da capo nord, in Norvegia ed arriva a Capo Passero in Sicilia.

E’ lungo 6.000 km.

Ogni tanto sentivamo dei canti di uccelli o rumori strani: erano le cince e il fagiano maschio, che segnalavano la loro presenza.

Nel pioppeto c'erano dei pioppi caduti, Matteo ci ha fatto notare che le radici erano corte e allargate.

Ci ha detto che qui i pioppi non hanno bisogno di far crescere in lunghezza le radici per cercare l'acqua, perché l'acqua è molto vicina, quindi si allungano poco e non riescono a trattenere bene le piante in caso di vento forte o di alluvioni.

In vari punti abbiamo notato i segni dell'alluvione che c'è stata due anni fa.

Sui tronchi dei pioppi c'erano dei muschi 

e i licheni rossicci, che indicano con la loro presenza la qualità dell'aria.

Nel pioppeto c'era uno stagno, circondato da canne di bambù, sul quale galleggiavano le foglie di ninfee.

Proseguendo, abbiamo visto delle querce farnie, dei pini, dei Prunus pado con i fiori bianchi e profumati, dei biancospini.

Sotto le foglie di alcune piante, c'erano delle palline verdi: le galle, che contengono le larve di alcuni insetti.

Finalmente abbiamo visto il Ticino. Sulle rive c’era una sabbia molto fine e, con livelli ben delimitati, ghiaia, ciottoli e sassi più grossi.

Abbiamo risalito il fiume, andando verso nord.

 

Il Ticino nasce in Svizzera, si immette nel lago Maggiore (immissario), ne esce (emissario) e diventa affluente di sinistra del Po, che andrà a sfociare nel mar Adriatico.

Percorre 248 km compreso il tratto che attraversa il lago; segna il confine tra due regioni: il Piemonte e la Lombardia.

 

La corrente in alcuni punti era molto forte, formava dei mulinelli, dei gorghi; in altri era molto più tranquilla.

Ad un certo punto abbiamo seguito una lanca, cioè un braccio morto del fiume, in cui la corrente spingeva l’acqua, che poi stagnava.

 

Abbiamo notato dei germani reali, una garzetta bianca, dei cormorani neri appollaiati sui rami di un albero, ad asciugarsi le piume, dopo aver pescato nel fiume.

Su un mucchio di ghiaia, abbiamo visto un airone cenerino, mentre nell’acqua vedevamo il luccichio degli avannotti e dei cavedani.

Siamo passati vicino ad un nido di processionaria; Matteo ci ha spiegato che è un insetto dannoso e che è pericoloso anche avvicinarsi al nido, perché ci sono dei peli urticanti.

Siamo arrivati sull’argine del fiume, che in più punti era stato eroso dall’acqua, durante l’alluvione; vicino all’argine c’era una lapide, che ricorda una persona annegata nel fiume.

In uno spiazzo erboso, c’era una barca, detta "ghiaiera", con il fondo piatto. Veniva usata per andare nei punti in cui c’era la ghiaia, per raccoglierla.

I ciottoli bianchi, che contengono un minerale detto "quarzite", venivano venduti per fabbricare le ceramiche.

Abbiamo chiesto a Matteo se potevamo andare a vedere le lontre, che vengono allevate in una riserva. Le avevamo osservate in un video, a scuola, ed eravamo curiosi di vederle. Purtroppo, a causa del brutto tempo, non si sarebbero potute vedere, quindi ci abbiamo rinunciato.

A questo punto ci siamo fermati per un pic-nic all’esterno di un bar-ristorante. Il cielo era nuvoloso e la temperatura piuttosto bassa; perciò non abbiamo potuto giocare molto all’aperto, dopo pranzo, ma siamo ripartiti con il pullman per Morimondo.

 

A Morimondo c’è un’abbazia antichissima del 1134 dei monaci cistercensi. E’ circondata dalle mura ed era una vera e propria cittadella.

Ci vivevano fino a 500 monaci! La chiesa è in mattoni a vista; sulla facciata c’erano tre finestre bifore e il rosone.

I monaci avevano inventato un modo molto efficace per ottenere più tagli d’erba dai loro campi: le marcite. I prati erano sempre irrigati, sia in estate sia in inverno, quindi l’erba cresceva continuamente.

Dietro l’abbazia c’era una torretta, chiamata "nevera" o ghiacciaia.

Serviva nel Medioevo, quando non c’erano i frigoriferi per conservare i cibi, per tenere al freddo il pesce e altri prodotti. (La carne veniva conservata quasi sempre sotto sale o veniva affumicata).

Dopo ogni nevicata, la neve veniva portata all’interno di questa torretta rotonda e accumulata; le nevicate erano più abbondanti di oggi, perciò la neve e il ghiaccio rimanevano quasi tutto l’anno, conservando i cibi al freddo.

Dopo la visita a Morimondo, siamo andati a Bereguardo, per osservare le ruote idrauliche di un mulino e il castello della famiglia Visconti, del 14° secolo.

       

Il castello ha tutto intorno un fossato, che però attualmente non contiene acqua, ma è pieno di piante con bellissimi fiori rosa.

Anche il castello è in mattoni a vista, ma ha in piedi solo tre lati, in parte restaurati.

A questo punto, dopo una merenda veloce, siamo risaliti sul pullman per tornare a casa.

Abbiamo visto dei trattori con le ruote di ferro, che lavoravano nelle risaie.

Siamo arrivati a scuola in anticipo, verso le 17.00. La gita è piaciuta a tutti, anche perché abbiamo imparato molte cose che non conoscevamo.

 

I CANALI:

a Milano arrivano tre canali, scavati a partire dal XII secolo: il Naviglio grande, la Martesana e il Naviglio Pavese.

Furono scavati per irrigare i campi, per alimentare le risaie, per far funzionare i mulini, ma soprattutto per portare in città ogni tipo di mercanzia: materiale da costruzione, grano, carta, carbone, sale, vettovaglie  (viveri), letame e altri prodotti.

Fino a poco più di 20 anni fa, erano ancora i barconi a portare a Milano la sabbia delle cave di Cuggiono…Persino i marmi utilizzati per la costruzione del Duomo di Milano sono arrivati attraverso il Naviglio!

I barconi arrivavano spinti dalla corrente; per il ritorno, bisognava far trainare la barca dai cavalli, con apposite corde, su quella specie di corridoio parallelo al canale, che si chiama ancora oggi "alzaia".

Ecco un documento del 1603, che parla del Naviglio:

"Fu fatto questo Naviglio (Grande) per dare abbondanza a Milano di legna da fuoco, e da opera, di carbone, di vino, di calcina, di pietre in vivo e cotte; di carne; di grassine, di pesci, di merci che dal Lago Maggiore de’ Svizzeri e da luoghi circumvicini in abbondanza e con poca spesa si conducono; et per levare da Milano sale, ferro, grani, risi, lini e altre robbe che ai lacuali e a’ Svizzeri si vendono…

Fu anche ritrovato questo Naviglio per irrigare terre e far molini, prati, risati, linati, per nudrir (nutrire) bestiame e per altri usi et servitù.

(G.B.Settala, 1603)

Nei primi anni dell’Ottocento, i canali vennero usati anche per il trasporto dei passeggeri.